Approfondimenti Ordini Cavallereschi

La Cavalleria e gli Ordini cavallereschi

La Cavalleria è uno dei fenomeni della nostra civiltà più affascinanti. Essa è nata dalla fusione di due elementi in origine contrapposti: il cavaliere inteso come guerriero a cavallo ed i principi della Chiesa Cattolica che hanno “santificato” la missione del cavaliere volgendola al bene ed al giusto.

Il combattente a cavallo, per quanto si perfezionasse nella tecnica di combattimento e per quanto migliorasse il proprio equipaggiamento, sarebbe rimasto solamente e semplicemente un militare. La Chiesa ha indirizzato questi uomini di guerra verso scopi buoni e positivi, li ha spronati a combattere per cause giuste in difesa dei deboli e degli oppressi, ha insegnato loro a non abusare della propria forza per arricchire se stessi o per ottenere potere personale, ha insegnato loro ad essere altruisti ed a dedicarsi agli altri nell’esercizio perenne della carità, ne ha fatto degli uomini leali che sentivano profondamente il senso dell’onore e dell’amicizia. La cavalleria è costituita da tutti questi ideali e questi principi che ne formano la sostanza e l ’intima essenza. I cavalieri che si uniformavano a questo stile dì vita erano uomini universalmente rispettati ed ammirati, sui quali sorsero leggende e miti. Di essi furono scritte le eroiche imprese raccolte nelle “chanson de geste” e dei loro amori tanto cantarono i trovatori provenzali o i trovieri nordici. Da non dimenticare la folta letteratura costituita dai romanzi cavallereschi: Tristano, Parsifal, Lancillotto, Re Artù, la Tavola Rotonda, il Santo Graal, i Paladini, Ginevra, Isotta. Poiché la cavalleria comprendeva uomini altamente motivati, con gli stessi scopi e lo stesso stile di vita, essa divenne di conseguenza una sorta di associazione riservata ed esclusiva. La necessità di conservare i propri principi e la cautela di proteggersi da infiltrazioni di aspiranti non meritevoli furono la conseguenza logica naturale della sua trasformazione in casta. L’origine degli Ordini cavallereschi religiosi o militari, oppure ad un tempo religioso-militari, è il prodotto della capacità aggregante della cavalleria. Il cavaliere di oggi non è più il guerriero a cavallo, ma è colui che ha fatto propri questi ideali e si sforza di metterli in pratica perché sono universali e positivi e sono pienamente attuali e validi.

Il guerriero a cavallo

Troviamo guerrieri a cavallo in Asia centrale 3.000 anni prima della nascita di Cristo. Gli Ittiti, gli Egizi, gli Assiri ed i Greci usavano combattere a cavallo; con Alessandro Magno questo tipo di combattimento divenne un perfetto strumento di guerra. I Romani invece ignorarono completamente la cavalleria fino sul finire del IV secolo. Essi combattevano con l’impiego sia della marina che dell’esercito.  La marina da guerra si era sviluppata soprattutto durante le guerre puniche, mentre l’esercito continuava ad operare basandosi esclusivamente sulla fanteria. Il cavallo era utilizzato solo per trasporto.

Il Cavaliere diventa unità autonoma da combattimento

Nel VII secolo le cose non cambiarono di molto se non per il fatto che il cavaliere divenne una unità autonoma da combattimento. Molti praticavano come professione volontaria quella di dedicarsi alle armi, allettati anche dai lauti guadagni e dai privilegi di cui avrebbero goduto. I professionisti della guerra sceglievano ovviamente la cavalleria che richiedeva degli esperti dotati di un armamento costoso e di tutta una organizzazione logistica a supporto. Il cavaliere doveva avere notevoli risorse finanziarie per acquistare i cavalli e l’equipaggiamento, pagare gli aiutanti e mantenere paggi e scudieri. Le armi del cavaliere erano l’arco, la lancia di legno con la punta di metallo e la spada, ma anche la rotella e la mazza ferrata. Il cavaliere era diventato una autonoma macchina da guerra organizzata in forma di impresa con tanto di personale e mezzi finanziari.

Innovazioni tecnologiche riguardanti la cavalleria

Nel VIII secolo avvenne una vera rivoluzione nell’arte del cavalcare: si trattò dell’invenzione della staffa. Pare che essa sia stata introdotta in Europa dagli Arabi che l avevano ricevuta dai Persiani e questi, a loro volta, dai Mongoli e dai Cinesi che la conoscevano fin dal V secolo. Forse la staffa era nata con lo scopo di rendere più agevole il salire e lo scendere da cavallo, ma si dimostrò subito molto utile per favorire l ’equilibrio di chi stava in sella. Altre innovazioni portarono poi al perfezionamento del cavaliere come macchina da guerra: la ferratura dei cavalli che permetteva di superare anche terreni molto accidentati, la lancia tenuta in resta che assumeva così più potenza, l’introduzione della balestra che facilitava la mira che nell’arco doveva prendersi contemporaneamente allo sforzo di trazione, il miglioramento delle tecniche di lavorazione dei metalli che fornivano armature più leggere a parità di resistenza. I progressi della metallurgia permisero anche la costruzione di spade sempre più lunghe affinché il cavaliere potesse colpire da cavallo anche eventuali nemici appiedati.

La Chiesa e la Cavalleria: l’ideale cavalleresco

Il cavaliere sarebbe comunque rimasto soltanto un guerriero tecnicamente ed economicamente organizzato se, ad opera del Cristianesimo, egli non avesse assunto precisi impegni religiosi e morali. Anche la Chiesa per avvicinarsi al guerriero dovette vincere un’iniziale ritrosia: i problemi morali legati alla necessità di usare le armi e di combattere impregneranno profondamente tutta la spiritualità medievale. Quando la realtà storica dimostrò che gli eserciti non avevano solamente funzione di offendere, di conquistare, di opprimere, ma servivano anche a conservare l ’ordine e la pace, a difendere i confini dagli invasori, a garantire una pacifica convivenza, si fece strada la dottrina della “guerra giusta” cioè di quella intrapresa a difesa del Cristianesimo, della fede e della civiltà. L’ideale cavalleresco che si sviluppò alla luce del Cristianesimo imponeva una certa serie di obblighi ed impegni che non furono mai codificati in un testo universalmente accettato. Il cavaliere prometteva solennemente di combattere contro gli infedeli e di difendere la religione. Volendo fare una sintesi schematica del contenuto del termine “ideale cavalleresco” e degli obblighi e delle prerogative del cavaliere si dirà che egli si riprometteva in campo religioso la difesa della religione cattolica, la protezione della Chiesa e del clero, la sottomissione alla Chiesa, la severa pratica religiosa, il sacrificio eventuale della vita per la fede, la lotta contro gli infedeli, l’esercizio della carità e della generosità verso i poveri;  in campo civile l ’aiuto dei deboli, delle donne, degli orfani e dei poveri, l’uso della propria forza solo a fin di bene, il trionfo della giustizia e del diritto, la lotta contro le guerre e le cause ingiuste, la difesa degli innocenti, degli oppressi e dei perseguitati;  in campo morale il culto del proprio onore e  la nobiltà d’animo, l’umiltà, la lealtà verso tutti, il valore, il coraggio ed ogni altra virtù, l’asserzione della sola verità, la non ricerca del proprio arricchimento, la pietà nei combattimenti. Per il suo particolare significato ricordiamo il motto del cavaliere:

“La mia anima a Dio, la mia vita al Re, il mio cuore alla donna, l ’onore per me”

L’investitura

Non stupisce che la Chiesa sia intervenuta per conferire alla investitura del cavaliere, che pure era un uomo di guerra, un carattere sacrale e nobilitante quasi a somiglianza dell’incoronazione regale. Lo benediceva con un apposito rito e gli porgeva le armi da usare a fin di bene raccogliendo a garanzia il giuramento del cavaliere che si impegnava ad operare in tal senso. La pratica dell’investitura non fu una invenzione cristiana, fu invece la ripresa di una usanza delle tribù germaniche. Il giovane germanico non si dedicava ad alcuna attività fino a che gli venivano consegnate pubblicamente le armi dal padre o dal capo. Questa cerimonia che prima di tutto costituiva una sorta di raggiungimento della maggiore età e comportava il dovere di difendere la tribù, costituiva anche il primo onore della giovinezza. Anche i giovani romani ricevevano la toga al raggiungimento della maggiore età, ma questo era un semplice atto dovuto che non portava con se alcun altro significato. L’uso germanico della consegna delle armi nel Medio Evo si consolidò e la cerimonia dell’investitura divenne una prerogativa della Chiesa e fu codificata e regolata minutamente come una vera e propria liturgia a partire dal X secolo. La cerimonia era imponente ed era seguita da feste che si protraevano per diversi giorni. Il pomeriggio precedente il giorno dell’investitura il futuro cavaliere si confessava preparandosi spiritualmente al rito religioso. Poi all’imbrunire iniziava la lunga veglia d’armi: indossata una tunica bianca si raccoglieva in preghiera per l ’intera notte in una cappella davanti all’altare sul quale era posata la spada che stava per cingere. Al mattino egli si comunicava e quindi si recava sul luogo dell’’addobbamento. Il celebrante, in genere un Vescovo, benediceva le armi e deponeva la spada sull’altare, rammentava al cavaliere gli impegni che stava per assumersi, recitava le preghiere previste dal rituale e poi lo armava porgendogli gli speroni. Per completezza va detto che molte investiture avvenivano “sul campo”, con cerimonie rapidissime, alla vigilia di una battaglia per rimpiazzare i caduti, o dopo una vittoria per premiare i più valorosi.

Il trionfo della Cavalleria: le Crociate

Le crociate costituiscono la risposta più imponente del mondo cristiano e del papato in particolare alla guerra santa musulmana. Il problema del “bellum justum” che secoli prima aveva tormentato i teologi era completamente superato già nel IX secolo ed era assolutamente naturale che i papi ricorressero alla forza per difendersi non solo dagli infedeli, ma anche dai rivali. Erano periodi agitati per il papato tanto che su ventiquattro papi succedutisi nel X secolo uno morì in battaglia, cinque in carcere, due strozzati ed altri due semplicemente assassinati. Prima delle crociate vi fu un’altra esperienza di guerra che coinvolse profondamente il mondo cristiano occidentale: i mori avevano conquistato praticamente quasi tutta la penisola iberica. Una tale presenza in Europa di musulmani, sempre irrequieti e disposti a nuove conquiste, minacciava seriamente tutta la cristianità. Contro questo pericolo il papato incoraggiò ripetutamente interventi armati, li organizzò e li diresse. Nell’undicesimo secolo il papato continua ad essere agitato da lotte intestine e da creazioni continue di antipapi, mentre la situazione politica e religiosa internazionale è drammatica: si combatte ancora in Spagna contro i mori, avviene lo scisma d’oriente e Gerusalemme cade in mano ai turchi che iniziano la persecuzione contro i cristiani. A bandire la prima crociata per liberare il Sepolcro di Cristo fu Papa Urbano II.  In un clima di euforia collettiva e di fanatismo religioso molti si offrirono di partire per la guerra santa. Forse la situazione era sfuggita di mano allo stesso Urbano II. Questa prima spedizione, non sufficientemente preparata, partì nel 1096 capitanata da Gualtiero Senza Terra e procurò migliaia di morti. Gli eserciti regolari dei signori feudali erano partiti infatti dopo che Gualtiero Senza Terra era già al di là del Bosforo. Il ritardo era ampiamente giustificato dalla complessità dei preparativi che richiedevano la raccolta di denaro per la spedizione, la sistemazione delle proprietà e dei beni che i crociati lasciavano in patria ed il reclutamento di uomini validi e possibilmente già esperti nell’arte del combattimento. I crociati, che avevano preso come simbolo la croce, al grido di “Dio lo vuole”, si diressero verso Costantinopoli per poi marciare su Gerusalemme per liberare il Sepolcro di Cristo in mano ai turchi. La spedizione non fu facile: i crociati patirono fame e sete, il loro equipaggiamento era inadatto al caldo dell’Asia Minore, scoppiavano sovente epidemie, gli spostamenti richiedevano penose fatiche, i combattimenti erano sanguinosi, le diserzioni non mancavano e meno ancora discordie tra i principi crociati.

La liberazione del Santo Sepolcro

Il 7 giugno del 1099 l ’esercito crociato giunse in vista di Gerusalemme che fu assediata. La città era cinta da alte mura ed era ben protetta dalla conformazione del terreno circostante. Gli assediati avevano avuto tutto il tempo di predisporre le difese ed organizzarsi. In previsione di un lungo assedio si erano ben riforniti di viveri ed avevano riempito grandi serbatoi di acqua; per timore che un aiuto ai crociati potesse giungere dall’interno della città avevano espulso la popolazione cristiana; alfine di ridurre le possibilità di rifornimenti degli assedianti avevano avvelenato o distrutto i pozzi attorno alla città ed avevano occultato in zone sicure le greggi e gli armenti. I cristiani furono ben presto in crisi per la mancanza di cibo e di acqua e per la difficoltà di adattamento ad un clima troppo caldo. Provvidenzialmente furono riforniti di viveri, armamenti e materiale per la costruzione, di macchine da guerra da genovesi ed inglesi giunti con molte navi al porto di Giaffa. L’assalto fu sferrato la notte tra il 13 e il 14 luglio: in poche ore i crociati conquistarono la città e si abbandonarono poi, in uno stato di incontrollato fanatismo, al massacro di tutta la popolazione compresi i vecchi, i bambini e le donne. Goffredo di Buglione fu nominato “Tutore del Santo Sepolcro”.  Papa Urbano II non seppe mai della vittoria poiché morì il 29 luglio, mentre la notizia non giunse a Roma che sei mesi dopo. Per il mondo occidentale la liberazione del Santo Sepolcro non tarda a diventare una leggenda attorno alla quale la fantasia costruisce episodi immaginari fino al mito nei quali trionfa il cavaliere puro che ha preso la croce, ha combattuto e vinto per la religione cristiana e per Cristo, che ha donato tutta la sua vita per una causa elevata e giusta.

La nascita degli Ordini cavallereschi religioso-militari

In seguito o contemporaneamente alla prima crociata il termine “Ordine Cavalleresco” cominciò a designare un insieme organizzato e coordinato di cavalieri che conducevano vita in comune. Per vita comunitaria si intendeva vivere nello stesso convento, prendere i pasti in comune, dividersi il lavoro, partecipare uniti alle funzioni religiose, ma significava soprattutto raggiungere unitariamente gli scopi collegiali. I membri erano cavalieri dediti contemporaneamente alla vita religiosa ed al combattimento, per cui appartenere ad un Ordine Cavalleresco significava appartenere ad una vera e propria Religione Militare. L’Ordine Religioso-Militare più antico è quello del Santo Sepolcro. Subito dopo la presa di Gerusalemme un gruppo di cavalieri degli eserciti regolari si riunì spontaneamente in un corpo volontario per la difesa, per la custodia e per la guardia d’onore al Santo Sepolcro dando vita ad un Ordine Militare. Non sappiamo se fu realmente Goffredo di Buglione ad istituire l’Ordine, ma certamente autorizzò questi cavalieri a distaccarsi dagli eserciti regolari per assumere il nuovo incarico. Egli invece istituì un Capitolo di venti Canonici presso la chiesa del Santo Sepolcro (1099). In questa Chiesa coesistevano quindi il Capitolo, poi trasformato in Ordine Canonico Regolare, e l’Ordine Equestre con funzioni militari. Dalla semplice collaborazione si passò alla fusione dei due ordini in un unico Ordine Religioso-Militare. In seguito alcuni cavalieri abbandonarono l ’Ordine   Religioso-Militare per fondare l ’Ordine del Tempio o dei Templari anche per sottrarsi alla obbedienza dovuta al Priore e per sviluppare meglio le attitudini militari. L’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, che divenne poi di Rodi e quindi di Malta, che era sorto come confraternita di fondazione amalfitana dedita ad attività ospitaliere, si trasformò anche esso in Ordine Religioso-Militare. Come avevano fatto i mercanti di Amalfi così anche quelli   di Brema costruirono un ospedale in Terrasanta fondando l ’Ordine di Santa Maria dei Teutonici o più semplicemente l’Ordine Teutonico.

Gli Ordini cavallereschi oggi

Esiste una miriade di Ordini Cavallereschi più o meno importanti e prestigiosi, ma esistono anche quelli di imitazione o di fantasia creati o inventati da mercanti di onorificenze, per cui ci limiteremo ad accennare solo a quelli di uso legittimo in Italia.

Gli Ordini del Regno d’Italia

Sono conferiti dalla Casa Reale Savoia il cui attuale Capo   di Casa e d’Arme è S.A.R. Vittorio Emanuele IV Duca di Savoia e Principe di Napoli. E’ possibile fregiarsi pubblicamente di quelli concessi durante il Regno d’Italia fino al 2 giugno 1946 ad eccezione dell’Ordine della Santissima Annunziata. Il 16 ottobre 1572 il Sommo Pontefice Gregorio XIII pose il nuovo Ordine militare e religioso sotto la Regola di San Benedetto della Congregazione Cistercense e dichiarò il Duca sabaudo ed i suoi legittimi successori Gran Maestri dell’Ordine. I Cavalieri emettevano i voti di religione e si impegnavano a combattere per la fede cattolica. Per l’ammissione nell’Ordine necessitava l’appartenenza al ceto nobiliare. Con la riforma voluta da Sua Maestà Vittorio Emanuele II, con Regie Patenti del 16 marzo 1851, l’Ordine perse il carattere militare e religioso, trasformandosi così in un Ordine di merito. Venne soppressa la classe dei Cavalieri di giustizia con prove di nobiltà, rendendo così accessibile l’Ordine ad ogni categoria di sudditi. L’insigne Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, data la sua natura dinastica ed appartenente “jure sanguinis” ad una Famiglia Reale, già Sovrana, conserva intatta la propria validità, indipendentemente dai mutamenti istituzionali. Vittorio Emanuele IV, in data 11 giugno 1985, ha modificato l ‘Ordine consentendo, tra l ‘altro, l’investitura anche di Dame.

Gli Ordini Sabaudi sono:

L’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro

L’ordine Militare di Savoia 

L’Ordine Civile di Savoia

L’Ordine della Corona d’Italia 

L’Ordine al Merito del Lavoro        

L’Ordine Coloniale della Stella d’Italia 

L’Ordine dell’Aquila Romana

 

Gli Ordini della Repubblica Italiana

La suprema dignità degli Ordini dello Stato Italiano è il Presidente della Repubblica. Le nomine avvengono il 2 giugno, anniversario della Repubblica, e il 27 dicembre, giorno di promulgazione della Costituzione. L’età minima richiesta è di 35 anni. Gli elenchi dei nuovi insigniti viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Le nomine avvengono per segnalazione.

Essi  sono:

L’Ordine al Merito della Repubblica Italiana

L’Ordine al Merito del Lavoro

L’Ordine Militare d’Italia

L’Ordine Militare di Vittorio Veneto

L’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana

Gli Ordini della Santa Sede

Attualmente la Santa Sede conferisce direttamente i seguenti Ordini classificati per importanza :

L’Ordine Supremo del Cristo

L’Ordine dello Speron d’Oro

L’Ordine Piano

L’Ordine Equestre di San Gregorio Magno

L’Ordine Equestre di San Silvestro Papa

Tutti questi Ordini sono detti di “collazione diretta” in quanto conferiti direttamente dal Sommo Pontefice, mentre l ’Ordine Equestre del Santo Sepolcro è un Ordine detto di “subcollazione”, cioè conferito per delega.

L’ Ordine Supremo del Cristo

E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. Nell’Ordine, una volta, entravano solo i nobili, dopo aver effettuato un servizio di almeno tre anni nelle campagne contro i mussulmani. Per divenire cavaliere era necessario pronunciare i tre voti di povertà, castità e obbedienza; era quindi a tutti gli effetti un Ordine cavalleresco – monastico. Papa Alessandro VI (1492 – 1503) dispensò però i cavalieri dai loro voti di castità e di povertà, perdendo così l ‘originaria connotazione di ordine monastico e trasformandosi quindi in Ordine cavalleresco di merito.

L’ Ordine dello Speron d’Oro (Milizia Aurata)

La cavalleria dello Speron d’Oro sorse nella prima metà del XIV secolo, come dignità equestre, ma non come Ordine cavalleresco. Chiamata anche Milizia Aurata, veniva conferita come dignità cavalleresca sia dai Romani pontefici che dagli imperatori. Chi aspirava ad ottenere lo Speron d’Oro doveva compiere un periodo di servizio in qualità di paggio, oppure prestare servizio militare. Al termine di tale periodo veniva armato cavaliere con una solenne cerimonia nel corso della quale riceveva le armi, il cingolo militare e gli speroni d’oro. Per tradizione l ‘appartenenza alla Milizia Aurata conferiva la nobiltà personale, in alcuni casi anche la nobiltà ereditaria. Con la riforma di tutti gli Ordini equestri pontifici avvenuta nel 1905, sotto il pontificato di San Pio X, anche la Milizia Aurata o dello Speron d’Oro ritrovò tutto il suo prestigio ed il suo splendore. L’Ordine si compone di una sola classe di cavalieri, limitata al numero di cento e di norma viene conferito solo ai Capi di Stato non cattolici ed ai capi di governo.

L’ Ordine Piano    

Tali cavalieri costituivano la corte laica del Sovrano Pontefice ed erano quindi un corpo di gentiluomini equiparabili ai cavalieri di cappa e spada o alla guardia nobile pontificia. Con il  “Motu proprio” di Sua Santità Paolo VI del 15 aprile 1966, si stabilì il conferimento dell’Ordine Piano ai Sovrani e Capi di Stato in visita ufficiale presso il Sommo Pontefice, riservando invece gli Ordini Supremo del Cristo e dello Speron d’Oro ai Sovrani e Capi di Stato cattolici e particolarmente benemeriti verso la Sede Apostolica. Attualmente la Santa Sede conferisce l’Ordine Piano, nelle varie classi, anche al Corpo diplomatico accreditato presso la Sede Apostolica.

L’ Ordine di San Gregorio Magno

Tale Ordine venne istituito in memoria e glorificazione del Sommo Pontefice San Gregorio (590 – 604). L’Ordine Equestre Pontificio di San Gregorio Magno viene conferito ai laici benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche.

L’ Ordine di San Silvestro Papa

Con la riforma degli Ordini Equestri Pontifici avvenuta sotto il pontificato di San Pio X nel 1905, venne tratto dall’Ordine dello Speron d’oro o Milizia aurata, un nuovo Ordine cavalleresco pontificio, quello di  San Silvestro Papa. L’Ordine Equestre Pontificio di San Silvestro Papa viene conferito ai laici particolarmente benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche.

L’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme

La Santa Sede dispone anche di un Ordine Cavalleresco di subcollazione, ossia conferito per delega apostolica, nella fattispecie l’Ordine del Santo Sepolcro. Secondo la tradizione tale Ordine venne fondato da Goffredo di Buglione nel 1099 dopo la conquista di Gerusalemme. Inizialmente l’Ordine si componeva di venti canonici che officiavano nella Basilica costantiniana, contenente la tomba in cui era stato sepolto Gesù Cristo. In seguito ai canonici venne affiancato un corpo di cavalieri destinati alla protezione dell’insigne chiesa. La Regola dell’Ordine era quella dei monaci agostiniani. Ben presto i cavalieri del Santo Sepolcro, oltre che in Terra Santa, si diffusero anche nell’Europa, istituendo vari Priorati. L’Ordine attualmente non rientra fra gli Ordini equestri Pontifici, ma figura collocato sotto la protezione della Sede Apostolica, godendo di personalità giuridica di diritto canonico. L’Ordine ha per Gran Maestro un Eminentissimo Signor Cardinale di Santa Romana Chiesa e viene conferito a laici ed ecclesiastici. L’attuale Gran Maestro è l’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Edwin Frederick O’Brien.

Sovrano Militare Ordine di Malta

Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi e di Malta, è considerato dagli araldisti il più illustre e nobile fra gli Ordini cavallereschi. Agli inizi del mille, alcuni mercanti amalfitani si stabilirono in Terra Santa riuscendo ad ottenere dal Califfo d’Egitto il permesso di edificare due chiese presso il Santo Sepolcro ed un salvacondotto per commerciare liberamente in quei mari. Vennero altresì costruiti degli ospizi per accogliere i pellegrini e gli infermi che si recavano in pellegrinaggio nei luoghi sacri alla cristianità. I Confratelli si dedicavano non solo a curare gli ammalati, ma diedero vita ad una organizzazione sia religiosa che militare. I Cavalieri, oltre agli usuali voti di religione, di castità, povertà ed obbedienza, si obbligavano solennemente a concorrere con la loro vita alla difesa dei Luoghi Santi. L’Ordine ben presto costruì delle imponenti fortezze nei punti più vulnerabili della Terra Santa e delle “domus hospitales” per l’accoglienza e la difesa dei pellegrini disseminate in tutte le principali strade da essi percorse nell’intera Europa. Perduta Gerusalemme, l’Ordine si trasferì nella città di Acri, al pari dell’Ordine Teutonico, per spostarsi poi in Rodi. Nel 1520, dopo cruente battaglie, l’Ordine, con l ‘onore delle armi, dovette arrendersi, lasciando l’isola di Rodi e trasferirsi nell’isola di Malta, donata ai cavalieri di San Giovanni dall’imperatore Carlo V. In tale isola l’Ordine, come già avvenuto a Rodi, disponeva della sovranità; era quindi uno Stato a tutti gli effetti. Disponeva anche di un imponente flotta navale che contrastava l ‘arroganza dei turchi, scrivendo così pagine di gloria e di eroismo nella difesa della cristianità. I Cavalieri lasciarono l’isola il 12 giugno 1798, arrendendosi ai Francesi, in quanto, per regola, non potevano combattere contro altri cristiani. L’Ordine emigrò quindi in Sicilia e poi a Ferrara. Il Sommo Pontefice Leone XII, nel 1827 trasferì la sede a Roma, ove tuttora si trova. L’Ordine è sovrano ed è soggetto di diritto internazionale; in quanto tale intrattiene regolari rapporti diplomatici con la Santa Sede ed è accreditato presso i Governi di oltre settanta nazioni e presso l’O.N.U. Il Gran Maestro gode di notevoli privilegi ecclesiastici presso la Santa Sede, nonché del titolo di Principe reale. Egli è dunque Altezza Eminentissima e la sua posizione di Capo Sovrano di Stato è riconosciuta internazionalmente. Gestisce ospedali, ambulatori medici, ricoveri per fanciulli, opere umanitarie e di assistenza sociale. Il palazzo Magistrale dell’Ordine si trova, come detto, a Roma in Via dei Condotti 68.

L’Ordine Costantiniano di San Giorgio

Le origini simboliche del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio sono avvolte nella leggenda e nella storia. San Giorgio, un cristiano nato nell’Asia Minore intorno al 270, divenne ufficiale nell’Esercito Imperiale. Nel 312, alcuni anni dopo il martirio di San Giorgio che aveva distrutto pubblicamente un editto contro i cristiani, l’imperatore Costantino “Il Grande” alla vigilia della sua vittoriosa battaglia al Ponte Milvio a Roma ebbe una visione della croce e delle parole: “In hoc signo vinces“. Ordinò un labaro costruito per mostrare il monogramma greco X P (per Cristos). Le sue armate sconfissero quelle di Massenzio e i cristiani non furono più perseguitati a Roma. Seguì la cristianizzazione nel resto d’Europa. Il fondatore leggendario dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio è Isacco II Angelo Comneno, imperatore romano dell’oriente bizantino del dodicesimo secolo. Nel sedicesimo secolo il diritto della famiglia dei Comneni al trono di Costantinopoli fu riconosciuto da molte bolle papali.  La Croce dell’Ordine Costantiniano è una Croce Greca Fiorente di un intenso color cremisi cui è sovrapposto il monogramma X P in oro. Alla fine di ogni braccio della croce vi é una delle lettere I H S V che rappresentano il motto “In Hoc Signo Vinces.” I cinquanta soldati posti a proteggere il labaro costituivano la “Guardia del Labaro” rappresentato oggi dai cinquanta Cavalieri di Gran Croce di Giustizia dell’Ordine Costantiniano. L‘odierno Ordine Costantiniano di San Giorgio è stato identificato come istituzione dinastica fin dal 1698, quando l’ultimo discendente dei Comneni lo ha ceduto a Francesco Farnese, Duca di Parma, Piacenza e Castro. Nel 1731 l’Ordine è passato per diritto dinastico al principe Carlo di Borbone, figlio del Re Filippo V di Spagna e della sua seconda moglie, Elisabetta Farnese, che era nipote ed erede dell’ultimo Gran Maestro Farnese, il principe Antonio. Due anni dopo, Carlo di Borbone divenne Re di Napoli. Nel 1735 Carlo fu incoronato Re di Sicilia a Palermo. Il suo Magistero dell’Ordine Costantiniano fu riconosciuto con una bolla papale nel 1738. Due decenni più tardi, quando Carlo successe al suo fratellastro maggiore sul trono spagnolo, cedette le corone di Napoli e Sicilia al figlio Ferdinando che divenne Gran Maestro dell’Ordine Costantiniano. Ferdinando I delle Due Sicilie regnò fino al 1825. L’Ordine fu conferito nel regno delle Due Sicilie fino al 1861, fin quando cioè le forze del Re Francesco II furono sconfitte dalle truppe degli invasori e il Regno delle Due Sicilie fu annesso al Regno d’Italia. Come prerogativa riconosciuta dalla legge internazionale un ordine dinastico cavalleresco non è assegnato al territorio nazionale, né alla presidenza di uno stato sovrano, ma è attribuito alla persona del Capo di una dinastia reale e vari decreti promulgati fra il 1734 e il 1861 rendono chiaro che il Gran Magistero dell’Ordine Costantiniano è inseparabile dalla supremazia della Real Casa delle Due Sicilie. Per questa ragione l ‘Ordine Costantiniano è sopravvissuto alla caduta del Regno delle Due Sicilie. L’Ordine continua a essere riconosciuto dalla Santa Sede, da molte dinastie reali e dal Sovrano Militare Ordine di Malta. Oggi l’Ordine Costantiniano è anche riconosciuto dalla Repubblica Italiana. L’attuale Gran Maestro e Capo della Real Casa delle Due Sicilie è Sua Altezza Reale il Principe Don Pedro di Borbone, Duca di Calabria.   L’Ordine Costantiniano conta fra le sue fila gran parte dell’antica aristocrazia delle Due Sicilie, reali e nobili di tutta Europa, così come illustri personaggi di ogni parte del mondo ed ha delegazioni in varie Nazioni.

Conclusioni

In questi ultimi anni è vistosamente aumentato l’interesse per gli Ordini Cavallereschi che rappresentano qualcosa di vivo nella vita moderna come è dimostrato dal mantenimento di molti di essi, nonché dall’istituzione di nuovi. Per concludere vorrei dire soltanto che gli Ordini Cavallereschi rispondono ad una esigenza ancora attuale in quanto si sono evoluti con i tempi, in molti casi hanno mutato gli originari scopi del passato fornendone una nuova interpretazione, ma sicuramente si presentano a chi vi si accosta carichi di un grandissimo fascino.

Autore: Onofrio Ligotti

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